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Ancora una volta il Tribunale di Firenze si dimostra all’avanguardia, per quanto attiene la considerazione dell’istituto della mediazione. È, infatti, recentissima, la sentenza 1857/2021, pubblicata il 05 luglio 2021, con cui il Tribunale toscano ha enunciato principi che necessitano di essere attentamente osservati. Come noto, il procedimento di mediazione si rende obbligatorio nelle materie elencate dall’articolo 5 comma 1 bis del D.Lgs 28/2010, tra le quali rientrano, ad esempio, materie quali condominio, locazioni, diritti reali.

Vi sono, poi, i casi in cui la mediazione viene disposta dal Giudice, come disciplinato dal comma 2 del citato articolo 5. A mente del predetto articolo, al comma 2, infatti, si prevede che «fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale».

La vicenda
Le questioni sono di assoluto rilievo, se solo si pensa che i rischi derivanti dalla mancata conoscenza del procedimento di mediazione e della sua procedura, possono comportare responsabilità professionali ed effetti, come accaduto nel caso di specie, di improcedibilità della domanda e conseguente revoca del decreto ingiuntivo. Nel caso specifico, si trattava di opposizione a decreto ingiuntivo ed il Giudice, con ordinanza, aveva disposto la mediazione ex articolo 5 comma II D.Lgs 28/10, con la precisazione, con riferimento a detto procedimento di mediazione, che «l’esplicito riferimento operato dall’articolo 8 del D.lgs 28/2010 alla circostanza che al primo incontro e agli incontri successivi fino al termine della procedura le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato implica la necessaria comparizione personale della parte, quale indefettibile e autonomo centro di imputazione e valutazione di interessi, dovendo limitarsi a casi eccezionali l’ipotesi che la parte sia sostituita da un rappresentante».

La necessaria comparizione delle parti
All’udienza di precisazione delle conclusioni parte opponente in via pregiudiziale di rito ha sollevato la questione della partecipazione da parte della società opposta «unicamente con il suo difensore». Si trattava, dunque, di verificare una condizione di procedibilità che, in rito, è rilevabile d’ufficio. Il Tribunale di Firenze ha richiamato la nota sentenza della Cassazione, numero 8473/2019 . La pronuncia citata è un punto di riferimento in merito, per aver, la Suprema Corte, affermato che nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs 28 del 2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore e che nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l’assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale.

La scelta di delegare il difensore
Ne consegue, si legge nella sentenza 1857/2021, che, «sebbene la parte possa farsi sostituire dal difensore nel partecipare al procedimento di mediazione, in quanto ciò non è auspicato, ma non è neppure escluso dalla legge, non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, benché possa conferirgli con essa ogni più ampio potere processuale». Per questo motivo, secondo il Tribunale toscano, nel caso in cui la parte scelga di farsi sostituire dal difensore, «la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata dal difensore, perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore».

Perciò, la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell’avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista (Cassazione 8473 del 2019, in motivazione). Venendo ai fatti di causa, emergeva documentalmente che l’opposta aveva partecipato alla procedura di mediazione delegata unicamente con l’avvocato, senza alcuna “procura sostanziale”, idonea ad attribuire all’avvocato la rappresentanza sostanziale della parte.

Gli effetti sono di rilievo: in conformità con l’orientamento sopra riportato – al quale, peraltro, è stata data continuità dalla Cassazione con la successiva pronuncia 18068/2019 – si deve, dunque, ritenere che la “mancata partecipazione personale” della parte opposta in sede di mediazione abbia comportato il mancato rituale esperimento di essa. Ciò ha comportato l’improcedibilità della domanda giudiziale, ai sensi del citato articolo 5, II comma del D.lgs citato, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto.

 

Fonte: Il Sole 24 Ore
di Fabrizio Plagenza