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Inail, il nuovo Protocollo per il contenimento del virus negli ambienti di lavoro

Il fenomeno del contagio da Covid-19 tra gli operatori sanitari ha fatto emergere come il rischio di contrarre il virus durante l’attività lavorativa sia concreto e determinato. Per tali motivi, in Italia, il sistema di prevenzione nazionale ha permesso di adottare un approccio integrato alla valutazione e gestione del rischio connesso all’attuale emergenza pandemica. Le misure necessarie per ridurre le occasioni di contatto per la popolazione, infatti, tengono conto della garanzia di adeguati livelli di tutela della salute e sicurezza di tutti i lavoratori per un ritorno progressivo al posto di lavoro, a partire dal “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”.

Il rischio di contagio da Covid-19 in ambito lavorativo può essere classificato secondo tre variabili:

– Esposizione: la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche attività lavorative;

– Prossimità: le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non permettono un sufficiente distanziamento sociale;

– Aggregazione: la tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda.

Nella prima fase si sono attuate misure organizzative, di prevenzione e protezione per la prevenzione dell’attivazione di focolai epidemici, al fine di garantire la sicurezza sul posto di lavoro per i settori produttivi che hanno continuato ad operare.

Secondo stime riportate dall’ISTAT al Senato della Repubblica il 25 marzo i settori non sospesi comprendono 2,3 milioni di imprese (il 51,2% del totale). Questo insieme rappresenta un’occupazione di 15,6 milioni di lavoratori (66,7% del totale), mentre i sospesi ammontano a circa 7,8 milioni (33,3%). In considerazione del dato reale al netto di tutte le forme di lavoro a distanza è stimabile che circa il 25% dei lavoratori ha continuato a lavorare in presenza. L’analisi del rischio ha fatto emergere che i settori più a rischio sono quelli rimasti aperti in quanto essenziali, per questo motivo la gestione della prima fase dell’epidemia ha permesso di acquisire misure preventive che possono essere utilmente sviluppate nella seconda fase al fine di prevenire ulteriori contagi e garantire la sicurezza dei lavoratori.

Per la seconda fase bisogna quindi tenere conto di tre aspetti di interesse per il rientro progressivo alla vita lavorativa: l’analisi del processo lavorativo, rispettando il distanziamento sociale, il rischio di contagio, connesso alla tipologia di attività specifica svolta, ed il coinvolgimento di terzi nei processi lavorativi con annesso rischio di aggregazione sociale.

Le misure organizzative sono estremamente importanti nell’ottica dell’eliminazione del rischio:

Risulta doveroso, per una ripresa senza allarmismi, mettere in atto da parte delle aziende un’incisiva ed efficace attività informativa e formativa, con specifico riferimento al complesso delle misure cui i dipendenti devono attenersi, finalizzata ad evitare il moltiplicarsi di fake news. Ricordiamo che le principali fonti istituzionali di riferimento sono:

Nella fase due il punto principale sembra essere l’incentivazione del lavoro in via telematica potenziando le forme di supporto organizzativo anche con strumenti di formazione, che permetteranno di contenere il rischio di contagio senza pregiudicare la produttività del sistema, correlato ad una corretta attività di informazione.